Sabato 29 Marzo – Beppin da Cà , Poeta Savonese Anarchico


SABATO 29 MARZO – ORE 16.00
BEPPIN DA CA’ – POETA, SAVONESE, ANARCHICO
Chiacchierata con Giuseppe Milazzo, autore della biografia:
"Giuseppe Cava, il poeta di Savona".
A seguire APERITIVO benefit!

Giuseppe Cava viene ricordato come il cantore dialettale savonese. Le sue
liriche e poesie ci trasmettono il sapore e il respiro di una Savona che
non c’è più, schietta, solidale, genuinamente popolare.
Ma Giuseppe Cava – Beppin da Cà – fu molto di più nel corso della sua
esistenza.
Fu uno dei più convinti, accesi e ascoltati agitatori anarchici savonesi
di quell’epoca fremente che furono gli ultimi anni del secolo XIX,
culminati col regicidio di Umberto I ad opera del mai dimenticato Gaetano
Bresci, il 29 luglio del 1900.
Cava subì la repressione. Il suo essere rivoluzionario, anticlericale e
propagatore a testa alta delle proprie idee sovversive, anticapitaliste e
libertarie lo portò alla latitanza in mezza europa, alla permanenza nelle
galere – patrie e non – e al confino: alle isole Tremiti e a Ustica.
Giuseppe Cava partì oltre tutto da una condizione sfavorevole, disagiata,
problematica: aveva perso la gamba destra a 18 anni, lavorando in
fabbrica. Questo suo deficit però non lo rese meno combattivo, meno
pungente, meno deciso nelle proprie convinzioni.
Al giro di boa del nuovo secolo Cava, popolare per estrazione anche se più
colto di quella che era la media della sua classe, si inventò editore,
tipografo e giornalista. La sua preparazione era avvenuta anni prima, in
seguito all’incidente in fabbrica, ragion per cui aveva dovuto cambiare
radicalmente mestiere.
Ma Cava non si limitò a sbarcare il lunario come semplice tipografo, fondò
una propria rivista! E con Il Marciapiede per cinque anni portò avanti un
dialogo con la cittadinanza che non mancò mai di vena polemica, di ironia
pungente e di sapidi sberleffi al clero, agli amministratori cittadini e
alla classe dominante tutta.
Anche a causa delle esperienze e delle sofferenze subite, Cava riconsiderò
il proprio ruolo nella lotta rivoluzionaria, sostenendo il partito
radicale, anche se, agli occhi suoi e dei suoi stessi contemporanei, egli
non cambiò mai la propria idea libertaria.
Egli fu sempre pronto, infatti, a solidarizzare con coloro che, per scelte
ideali, stavano subendo le inevitabili ondate repressive che la prima
guerra mondiale e l’avvento del fascismo portarono con sè.
Giuseppe Cava affrontò per la prima volta la ‘carriera poetica’ in questo
periodo, e la seguì fino alla morte, continuando a lavorare (aprì una
cartoleria-giocattoleria, e in seguito venne assunto in biblioteca
comunale). Ciò non gli impedì di restare un personaggio refrattario
all’autorità e all’obbedienza, subendo nuovamente il peso della
repressione nel 1938, quando venne licenziato dalla sua modesta
occupazione di bibliotecario, per colpa di una delazione ad opera di noti fascisti
cittadini.
Cava chiuse così la sua fiera esistenza sotto sorveglianza.
Egli, insomma, non fu la macchietta savonese, il cantore del popolo di
questa lingua di terra, o almeno non fu solo questo.
E’ così che abbiamo invitato Giuseppe Milazzo, autore della biografia su
Beppin da Cà, a raccontarci quello che ci resta di questa figura di
ribelle savonese.

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